Sentire "il vuoto". Una sensazione comune che offre molte letture.

Hai mai sentito una sensazione interna di vuoto? Come se un buco ti trapassasse lo sterno e lasciasse intravedere lo sfondo del tuo corpo? Oppure capace di contenere delle nuvole, o qualcosa di leggero ma indefinito simile al fumo, che alberga lì e talvolta muta la sua consistenza?

Ascoltando i vissuti dei miei pazienti, posso assicurarti che è molto diffuso. E non solo tra loro, solo che sono gli unici a cui riesco a fare una domanda del genere e quindi gli unici con cui posso investigarlo.

C'è chi lo chiama "buco", chi "vuoto", chi si percepisce "pieno di niente", chi è più in contatto con se stess* e sa dirmi se è una sensazione costante che talvolta si accentua o se è una sensazione nuova. Di solito non è una sensazione ben accolta.

Il vuoto spesso spaventa. Paradossale se si pensa che dal vuoto non possiamo che attenderci quello cioè, ossia "il niente", ma se fosse lo stesso niente a far paura? 

Per alcuni è più temibile domandarsi chi o cosa lo abbia creato, l'Ignoto, ciò che non si conosce. Quale scopo ha, a cosa serve sentirlo. Lo si vive con la tristezza di chi sente di aver perso una parte di Sé.

Il bello di investigare il vuoto in terapia è l'enorme potenziale che ne può emergere: l'enorme significato che può avere per la persona. Qualcosa ad hoc su misura.

Talvolta "il buco" può trasformarsi in un pozzo, da cui na volta affacciati non se ne vede la fine, o per lo meno non a breve. Oppure può prendere la forma che ha lasciato una perdita, o può essere la serratura da cui inserire l'occhio per poter scoprire un mondo nuovo inesplorato che preme per uscire. 

Qualsiasi sia il contenuto o il "non" contenuto del vuoto della persona, lì c'è una storia che va raccontata.

Una luce inesplorata che chiede di essere notata. 

Nella terapia biosistemica è molto importante l'uso della metafora: dialogare per immagini permette di accedere a un altro livello di coscienza, che si avvale dello stesso simbolismo con cui si manifestano i sogni. Talvolta ci si avvale anche dell'arteterapia come tecnica d'indagine e di esplorazione, nonché di narrazione della propria rappresentazione grafica. La percezione di ciò che ci abita, è in grado di dare una forma, un colore e attribuirgli un significato narrativo altamente valido e attendibile per se stessi. Questo lo rende qualcosa di tangibile e dunque mentalmente manipolabile, oltre che vero (autentico).

Valorizzare le capacità di auto-ascolto dona dignità al proprio sentire. 

Nella terapia vige un profondo rispetto per la lettura del paziente di quel vuoto, così come di tutto ciò che riguarda la propria vita: dalle proprie scelte alle proprie emozioni. Ruolo del terapeuta è ampliare la visione dell'altro, offrendo collegamenti e incoraggiando l'analisi dell'argomento attraverso le domande di esplorazione.



Commenti